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Adriano Panatta – Il fuoco di Santiago del Cile
– E fammi fare questa provocazione!- disse a Paolo, con l’aria del discolo che sta per rompere le uova nel paniere e ne è consapevole. Panatta, che di provocazioni se intendeva, quella volta la fece grossa.
La finale di Coppa Davis del 1976, disputata in Cile contro i padroni di casa, fu preceduta, nel nostro Paese, da forti dissensi. “Non si giocano volée con il boia Pinochet” e “Panatta milionario, Pinochet sanguinario”; erano gli slogan di chi sosteneva che la nazionale non dovesse partire.
-Paolo, oggi ci mettiamo le magliette rosse– fece sereno, Adriano, al compagno di doppio.
– Ma sei matto, qui ci arrestano… o ci fucilano – rispose, meno tranquillo, Bertolucci.
Sugli spalti, tra gli spettatori, pare ci fosse anche un certo Augusto, che di cognome faceva Pinochet e di mestiere il dittatore.
La coppa Davis del 1976, ancora oggi l’unica vinta dall’Italia, porta i nomi di Corrado Barazzutti, Adriano Panatta, Tonino Zugarelli, Paolo Bertolucci e del capitano non giocatore Nicola Pietrangeli.
E un colore: il rosso. Il colore delle maglie che, in quella finale, sostituirono le classiche divise italiane di Davis.
Rosso come la passione e la ribellione, come la rabbia, come i rivoli di sangue che solcavano le strade di Santiago, come il simbolo della lotta al feroce despota cileno.
Rosso, come il fuoco negli occhi del grande Adriano Panatta.