credit immagine: Niek Beck.
La guerra del calcio – Quando lo sport alzò bandiera bianca e venne ucciso
Honduras
All’Estadio Nacional di Tegucigalpa, in Honduras, c’è in programma una partita di calcio.
E’ la semifinale di andata in vista dello spareggio che regalerà il pass per il primo mondiale organizzato in centroamerica, quello di Messico ’70. A contendere il passaggio del turno ai padroni di casa c’è la compagine di El Salvador. E’ una partita molto sentita, perché in palio non c’è solo la rassegna iridata. I rapporti tra i due Stati confinanti sono tesissimi. Questioni geopolitiche, economiche e sociali sullo sfondo e la sfida sportiva è, nelle idee di tifosi e governi, l’opportunità di affermare la supremazia del proprio Paese sull’altro, la maniera perfetta di mettersi in mostra agli occhi del mondo proprio a scapito degli acerrimi nemici e rivali.
Nella capitale, i rumorosi supporter locali fanno di tutto per disturbare il riposo degli avversari, ma non si fermano ai cori e ai colpi di bastoni sulle stoviglie: l’albergo che ospita la nazionale salvadoregna è oggetto di sassaiole e al bus che deve trasportarla vengono tagliate le gomme.
La partita si svolge in un clima intimidatorio; più che calcio e tecnica, in campo, si vedono calci e violenza. Vince l’Honduras per 1-0, grazie al gol del difensore Leonard Wells, a un solo minuto dalla fine.
A El Salvador, ad assistere alla sconfitta de La Bicolor, c’è anche la figlia di un generale dell’esercito, Amelia Bolanos, che subito dopo il triplice fischio rivolge la pistola d’ordinanza del padre verso il proprio cuore e spara.
E’ l’episodio che rende esplosivo un ambiente già stracarico di tensione. E’ l’otto giugno del 1969 e bisogna attendere soltanto una settimana per la partita di ritorno in terra salvadoregna. E per servire il piatto, rovente, della vendetta.
1969 #FOTD The Football War began. Honduras vs El Salvador World Cup Qualifier a week before sparked already tense nations into a 4 day war pic.twitter.com/0LvY7k6CyN
— Football:On This Day (@footyonthisday) July 14, 2017
El Salvador
Il trattamento ricevuto dai salvadoregni all’andata è reso. Reso elevato a potenza con esponente positivo.
L’hotel dove alloggia la nazionale dell’Honduras è preso d’assalto e un rappresentante della delegazione viene lapidato. La spedizione trova rifugio sul tetto dell’edificio, prima che le forze dell’ordine riescano a prelevarla e condurla nelle abitazioni private di honduregni emigrati. Al campo ci vanno dentro i carri armati dell’esercito.
All’Estadio de La Flor Blanca della capitale San Salvador, la partita si svolge in un ambiente infernale: lo sport è come un bravo ragazzo imbucatosi per sbaglio a una festa splatter. Sugli spalti vengono ammazzati due tifosi ospiti. Il tabellino consegna alla cronaca un netto 3-0 per i padroni di casa.
E’ il 15 giugno del 1969, il mese che precede la missione Apollo 11, e i regolamenti del gioco del calcio sono leggermente diversi da quelli odierni. La differenza reti non conta e c’è bisogno dello spareggio per stabilire chi potrà ancora continuare a coltivare il sogno del primo mondiale della propria storia. Un incubo per molti, anche per i messicani che ospitano l’incontro: è il duro banco di prova per la macchina organizzativa mondiale.
27 Giugno, Estadio Azteca, Città del Messico
Centoquindicimila posti a disposizione, sedicimila spettatori, cinquemila soldati a garantire la sicurezza. O almeno a provarci.
Due gol di Martinez, che replica la doppietta della gara di ritorno, non bastano ai salvadoregni: al novantesimo è 2-2. Il gol partita arriva ai supplementari: 3-2 e l’Honduras viene eliminato.
Al triplice fischio fanno seguito invasione di campo, tafferugli e scontri dentro e fuori lo stadio che l’ingente spiegamento di forze messicane non riescono ad arginare.
L’infinita sfida sportiva termina, le atrocità devono ancora iniziare.
La Guerra delle 100 ore
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I due Paesi rompono le già flebili relazioni diplomatiche, le ostilità si spostano dai campi di calcio alla frontiera e i calciatori lasciano il terreno ai professionisti della guerra.
Le bombe al napalm del 14 luglio segnano l’inizio del conflitto e il 18 luglio, quando l’Apollo 11 si trova a metà strada circa tra la Terra e la Luna, con il cessate il fuoco si fa la conta dei caduti.
Cento ore, seimila morti e una partita di calcio da cui tutto ebbe inizio. Quella che passerà alla storia come La guerra delle cento ore o La guerra del calcio rappresenta ancora oggi uno dei conflitti più sanguinosi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Il suo primo campionato del Mondo, El Salvador lo chiuderà con tre sconfitte in altrettante partite, con zero gol fatti e nove subiti.
Se ancora v’interessa.