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Il ciclismo è da sempre uno degli sport che riesce a far emergere il lato intimo e primitivo di un essere umano. Una lotta interiore che mette a nudo le capacità di un corridore. Nessun filtro, nessuna possibilità di fuggire dai problemi. Il ciclismo è così, bisogna affrontare la strada che hai di fronte, metro dopo metro, chilometro dopo chilometro, salita dopo salita se si vuol arrivare alla fine della corsa. E poi ci sono corridori che nel ciclismo ritrovano quella loro inquietudine, quella sofferenza che li accompagna nella vita di tutti i giorni e, solo in bicicletta, riescono a trovare un loro posto nel mondo. E Luis Ocana è forse il corridore che più ha trovato nel ciclismo il suo faticoso angolo di quiete, salvo essere inghiottito da tutta la kermesse che esso si porta dietro.
Luis Ocana, lo spagnolo di Mont de Marsan
Jesus Luis Ocana Pierna nasce in Spagna, a Piergo, il 9 Giugno del 1945. La famiglia sarà costretta a causa degli ideali politici del padre a trasferirsi con la famiglia in Francia, facendo quella che per molti in quel determinato periodo storico è il viaggio della speranza, in cerca di fortuna. Luis, che già negli altopiani iberici andava forte in bicicletta (nonostante a 12 anni viene colpito da una forte forma di tubercolosi), viene scoperto da un certo Pierre Cescutti, uno che a soli 20 anni entra nel bunker di Hitler (dove dirà di aver trovato una cantina di vini incredibile e aver avuto la sua prima sbronza), viene premiato con la medaglia d’oro al valore per i suoi servigi alla patria. Resistenza, democrazia e… ciclismo. Cescutti darà ad Ocana un lavoro da carpentiere, una stanza dove dormire ed una bici con cui correre. Nasce così la storia di Luis Ocana, lo spagnolo di Mont de Marsan.
Luis Ocana, vittorie e sconfitte
Luis Ocana ama le grandi classiche, ha una capacità polmonare fuori dalla norma e pur essendo un omone di un metro e ottanta va forte in salita, tiene botta a cronometro ma spesso viene coinvolto in grandi incidenti. Il suo esordio alla Vuelta termina proprio a causa di una caduta. Vittorie, cadute e dolorosi ritiri. Il leitmotif della sua carriera e, inesorabilmente, della sua vita. Il Tour sarà la sua cornice più bella, dove duellerà con sua maestà Eddie Merckx, il cannibale che venne sconfitto nel 1970, che lo omaggerà nel Tour de France del 1971 quando, con oltre 7 minuti di vantaggio, Luis Ocana cadrà rovinosamente proprio nella tappa di Mont de Marsan e sarà costretto al ritiro. Merckx si rifiuterà di indossare la maglia gialla, proprio per rispetto al rivale uscito dai giochi per pura fatalità. La stessa fatalità che l’anno successivo lo costringerà nuovamente al ritiro. Questa volta sarà un suo compagno di squadra ad investirlo, mettendolo fuori gioco. Luis Ocana si rifarà nel 1973, vincendo il suo secondo Tour, pur restando con l’amaro in bocca a causa della mancata partecipazione del rivale Merckx, risparmiatosi per la Vuelta. Un modo di correre schietto, spavaldo, di quelli che fanno innamorare i tifosi. Ma non questa volta. Gli spagnoli non perdoneranno mai Ocana per aver lasciato la Spagna, per i francesi era lo spagnolo di Mont de Marsan. Troppo francese per gli spagnoli, troppo spagnolo per i francesi.
Luis Ocana, il mai più spagnolo, non francese
Pochi amici, tanti nemici e quell’inquietudine di chi non è mai a casa. Luis Ocana continua tuttavia a correre e vincere, tanto da divenire l’erede di Anquetil fin dal 1970. Cercherà di diventare francese ma, per puro caso, i documenti per cambiare cittadinanza non arriveranno mai. Vittorie, sconfitte e tante cadute. Una vita mai facile, fino al giorno del suo ritiro nel 1977 quando, provato da cagionevoli condizioni di salute dovuti ai problemi polmonari dell’infanzia, uniti alle tante cadute ed incidenti, deciderà di appendere la bici al chiodo.
Luis Ocana e la mala suerte
Perché vado così forte in salita? Per abbreviare la mia agonia. Così Marco Pantani rispose a Gianni Mura durante un’intervista al Tour de France. Una frase netta, dannatamente angosciante, che rispecchia tutta l’interiorità e l’inquietudine di un ciclista che trova nella salita la sua sfida, la ragione d’esser e la peggior nemica. Una frase che rispecchia appieno tutta la vita in bicicletta -e non- di Luis Ocana. Lo spagnolo di Mont de Marsan smette di correre e cerca di ricominciare una nuova vita. Prova a rimanere nel mondo del ciclismo, come ds prima e come opinionista poi, ma la sua scarsa attitudine alla convivialità gli fa ottenere risultati poco esaltanti, fino al terribile incidente mentre sta commentando una gara che gli costerà la perdita di un occhio. Comprerà una vigna, ma il cognac non è di prima qualità. Non amato dagli spagnoli, non voluto dai francesi, anche con la famiglia il rapporto non sarà idilliaco. La moglie non perdonerà le presunte scappatelle, il figlio dichiarerà di tifare Merckx e no, non il loro pastore tedesco (a cui Luis darà proprio il nome del cannibale) e la salute pare peggiorare giorno dopo giorno a causa di antidepressivi, alcool e una presunta epatite C arrivata a causa di una trasfusione. Lo troveranno nella sua tenuta, seduto in poltrona con un colpo di fucile alla tempia a soli 48 anni. Nel testamento chiederà di essere cremato e che le sue ceneri venissero sparse dall’alto proprio al confine dei Pirenei tra Spagna e Francia. A sceglier da che parte stare, una volta e per sempre, sceglieranno loro.